Solare e lunatico. Così è Valentino Rossi, un ragazzo
dal profilo dichiaratamente doppio, come del resto si deduce dal disegno
del suo casco sul quale inalbera, come facevano gli antichi cavalieri
con il proprio elmo, un sole sorridente ed una luna incazzata.
Con tali propositi esposti alla luce del giorno, cosa ci si può
aspettare da Rossifumi-Valentinik-Dr.Rossi - questi i soprannomi sotto
i quali si è presentato in questi anni - se non che sia irriverente
e simpatico, fantasioso ed iconoclasta, in una parola: eccessivo?
E' tutto qua il segreto del giovane figlio di Graziano, ottimo pilota,
questi, in 250 e 500, negli anni '80, maggiormente famoso
(ingiustamente)
più per aver portato una gallina a guinzaglio in giro per Rimini
che per risultati sportivi.
E' cominciata presto la carriera di Vale-lingua-lunga nel motomondiale,
nel 1996, infatti, correva e cadeva nella 125, ma non era ancora Valerossi,
quanto, piuttosto, un fenomeno per pochi intimi. Grande lo diventò
l'anno successivo, dominando nella sua classe, ma il "là",
l'inprint direbbe uno psicologo, glielo diede - e non poteva essere
altrimenti - proprio Max Biaggi quando l'apostrofò a Suzuka,
nel Gran Premio del Giappone, invitandolo a lavarsi la bocca con il
sapone prima di parlare di lui. Era a cena, Valentino, e ce lo ricordiamo
ghiacciato ed impacciato, muto di fronte al Campione. L'odio, probabilmente,
nacque lì, anche se Rossi, fino a quel momento, l'aveva ottimamente
coltivato.
La risposta, a quell'altolà, a Valentino venne in mente solo
qualche tempo dopo: "io il Biaggi della 125? Sarà Max
il Rossi della 250".
Fu solo l'inizio, poi vennero "meglio un giorno da Rossi che
una vita da Biaggi" e tanti, tanti altri motti, alcuni salaci,
altri semplicemente offensivi. Era la luna, no? Ed altre volte il
sole. Comunque, l'antipatia, andò avanti, crescendo con la
stessa logica della valanga, che non ha mica bisogno, per ingrandirsi,
del consenso dei detriti che raccoglie lungo il cammino. Semplicemente
scivola, e si ingrossa.
Dentro, Valentino, ci ha buttato un titolo mondiale, il suo della
125 e l'ottima prima stagione in 250, poi il secondo titolo, nella
quarto di litro, nel 1999, ed infine il passaggio in 500, con un secondo
posto alle spalle di Roberts all'esordio (come Biaggi, all'esordio,
si arrese solo a Doohan) ed il titolo contro Max, quest'anno.
Una carriera che ha dato voce e timbro a proteste, sempre dirette
contro l'imperversante Biaggi, che altrimenti, come il raglio degli
asini, non avrebbero raggiunto il cielo. Non che avesse sempre torto,
il ragazzo di Tavullia, è che spesso ha parlato e fatto cose
a sproposito (la luna, ricordate?), ma a sua discolpa si può
dire che con la medesima veemenza se l'è presa anche con Schumacher,
che nemmeno conosce e con la Ferrari, quest'ultima aggressione sì,
veramente un atto di coraggio nell'Italia mammona e ferrarista che
tutti conosciamo. Anzi, a dirla tutta, se la è legata al dito
più Luca di Montezemolo che Max Biaggi, visto che il primo
si è preso la briga di punzecchiarlo a distanza ("Se faremo
provare la nostra monoposto anche a Valentino? La Ferrari non è
mica l'Avis..."), mentre il Corsaro mai ha risposto sposando
la filosofia del non ti curar di loro...perlomeno fino al GP di Barcellona,
quest'anno.
Il sacco dell'odio, accuratamente riempito ad ogni occasione (dal
pilota non a caso cresciuto in casa Aprilia che in quel periodo non
ha saputo o, peggio, voluto controllare le intemperanze giovanili
del campione), ha dimostrato però di esser pieno di una sola
cosa - parole - quando si è improvvisamente afflosciato allorché,
durante la penultima sessione di prove in Malesia, nel 1999, a Sepang,
nel bollente metà marzo orientale, fermo a bordo pista dopo
una caduta, Valentino accettò il passaggio che cavallerescamente
Biaggi gli offerse sulla sua Yamaha 500 per evitargli una lunga passeggiata
sotto il sole cocente. Una drammatica marcia indietro per l'antiitaliano
che, nel GP di Francia del 1998, al Paul Ricard, sul casco attaccò
un adesivo con sù scritto "Grazie Mick". Bè,
certo, rifiutare sdegnosamente per tener fede al proprio personaggio
sarebbe stato logico, ancorché esageratissimo, ma Vale, in
quel momento, non ci ha affatto pensato, ragionando con il sole (e
sotto il sole), ha visto solo la sudata che lo aspettava ed i due
sono così tornati, abbracciati, su di una sola moto, nei box,
mentre la luna, sempre più incazzata, sul casco, questa volta,
faceva finta di niente.
14/10/2001