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DOVE SI PARLA DELLO STRAPOTERE DELLA HONDA SUI SUOI TEAM SATELLITE E DI TEAM MANAGER CHE NON DECIDONO NULLA
Chi comanda all’interno dei team Honda cosiddetti Satellite?
La domanda, ultimamente, si è fatta pressante in virtù dei fatti più recenti: l’incidente di Bayliss, il diktat di HRC, ma anche certe preoccupanti dichiarazioni di Fausto Gresini, per non parlare dell’anomalia del team Konica-Minolta, nato ad uso e consumo di Makoto Tamada.
Un analisi di quanto accaduto recentemente, infatti, mostra che i team manager del motomondiale - alcuni dei quali “team owner”, cioè proprietari della struttura - non hanno in realtà alcun potere e sono completamente nelle mani, o in balia, della Honda, che pure pretende da loro fior di milioni (in Euro) per affidargli le motociclette.
La dimostrazione più evidente di ciò la stiamo avendo in questi giorni con Sito Pons completamente in balia degli eventi.

L’ex iridato della 250, che è anche presidente dell’Irta, l’associazione che riunisce i team - apparentemente un uomo potente, quindi - si trova in questi giorni al centro di un uragano perché a pochi giorni dalla chiusura del motomondiale la Honda gli ha comunicato di “non gradire” la presenza di Max Biaggi. Fosse una questione di semplice gradimento si potrebbe sorvolare, ma in realtà si tratta di un veto, che di fatto limita, e grandemente, le possibilità di muoversi sul mercato, e dunque di lavorare, ad un imprenditore del calibro dello spagnolo.
Non stiamo qui a discutere su chi ha ragione o chi ha torto fra Biaggi e la Honda: diciamo che non ci interessa.
E’ indiscutibile però che questo fatto ha evidenziato la totale sudditanza di un team Satellite riconosciuto come uno dei migliori del mondiale.
In ambito manageriale, infatti, qualunque azienda si fosse comportata come l’HRC avrebbe ricevuto il marchio di “inaffidabile” dai suoi partner, perché si può trattare con i propri clienti, ma nei tempi e con i modi dovuti.
Con la Honda però non si possono fare rimostranze. La reazione del colosso nipponico è scontata: niente moto.
Un altro esempio riguardante la medesima squadra?
Parliamo della scelta del pilota chiamato a sostituire Troy Bayliss.
Il primo è stato Shane Byrne, e ci sta: si tratta di un pilota rimasto a piedi, per di più inglese. Uno scambio di cortesie con la Dorna.
Il nome del secondo è noto: Chris Vermeulen. Un suggerimento della Honda Europa, che sarebbe stato corretto se qualcuno si fosse premunito di far firmare comunque un pre-contratto all’australiano. A pensarci sarebbe stato utile proprio ora.

Il terzo esempio è di oggi: Pons avrebbe voluto nuovamente Byrne sulla sua RC211V, l’HRC, invece, sta imponendogli Ryuchi Kyonari, che molti ricorderanno spuntato fuori dal nulla all’indomani della scomparsa di Daijiro Kato.
Il 22enne di Saitama, che all’epoca del debutto con la cinque cilindri correva con la ST 600 nel campionato giapponese, dove aveva vinto quattro gare su otto, conquistando il titolo, quest’anno è arrivato secondo nel campionato Superbike Inglese alla guida di una CBR 1000 ufficiale, battuto, nientemeno che da Gregorio Lavilla (Ducati) e precedendo Michael Rutter (Honda) e Leon Haslam (Ducati).
Non c’erano in giro piloti più meritevoli, restando nell’ambito Honda?
Già, ma dimenticavamo: i team manager non decidono. Non possono farlo.
E tantomeno lo farà Sito Pons, che invece di battere i pugni sul tavolo, rivendicando il suo potere decisionale per il quale accetta dopotutto di sobbarcarsi il rischio d’impresa, è lì tremante in attesa dell’esito dello scontro della Camel con la Honda.
Insomma o decide lo sponsor o decide la casa. Lui, comunque, mai.
Per fortuna qualcuno osa: lo ha fatto Fausto Gresini alla fine del 2004, firmando con Melandri nonostante il parere sfavorevole della HRC. Ma quello di Fausto è un team Satellite con caratteristiche particolari: l’imolese, infatti, è un semplice gestore. La squadra, la struttura, è la sua, i posti sullo schieramento, invece, sono di proprietà della Honda alla quale Gresini fornisce il team “chiavi in mano”. Di fatto il team Gresini è una semplice emanazione, vogliamo chiamarlo una dependance? dell’HRC.
Quella che potrebbe essere una debolezza (e per certi versi lo è), per Fausto è una forza, perché la fiducia che riceve dai giapponesi gli consente a volte di forzare la mano.
Per il prossimo anno, però, Fausto non ha fatto alcuna scelta: lo sponsor Fortuna gli ha “suggerito” Toni Elias. In fondo non gli è andata male.
Peggio, sicuramente, se la passa Luca Montiron: risultati a parte Makoto Tamada, come tutti i giapponesi, è invendibile sul mercato, ma c’è poco da preoccuparsi, la Honda, tramite Tetsuo Ida, oggi numero uno del team, ieri ex presidente di Honda Europa, prima ancora che ex consulente della Pramac, trova lo sponsor. E poi decide anche - così è andata - di abbandonare Bridgestone per Michelin con i risultati che sappiamo.
“La Honda fa il bello ed il cattivo tempo, inutile negarlo”, ci dice uno dei team manager, che è meglio non identificare.
Ed ora, per favore, non parliamo più di team manager nel motomondiale. Con questo nome va chiamata gente come Frank Williams, che ha saputo fare a meno di Honda, in F.1 e recentemente ha divorziato dalla BMW. Con difficoltà, certo, ma mantenendo sempre il comando delle operazioni.
Come dovrebbe fare qualunque manager che si rispetti.
Ma di manager, nel motociclismo, non c’è traccia. O meglio, qualcuno c’è, ma al momento preferisce seguire un uomo, Loris Capirossi, piuttosto che una squadra.
Non è che si faccia meno fatica, è che si possono prendere decisioni. Negate, invece, a chi manager lo è solo di nome.

2/11/2005


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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