|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
DOVE
SI PARLA DEL DUELLO FRA MICHELIN E BRIDGESTONE, E COME QUESTO SIA UN PROBLEMA
PER BIAGGI Pensiamo, per un attimo, all’aumento dei test effettuati dalla Case e dai piloti ufficiali, ed aggiungiamo a questi le migliaia di chilometri percorsi dai test-team di Honda, Yamaha, Kawasaki, Suzuki e Ducati, ed avremo una pallida idea dello sforzo sostenuto da Michelin, Bridgestone e Dunlop, chiamate a sviluppare e costruire senza soste gomme con nuove specifiche, molte delle quali destinate ad essere buttate dopo una sola prova. Uno spreco di materiale e risorse umane incredibili, addirittura superiore a quello che si verifica a livello motoristico, dove software sempre più avanzati permettono delle analisi in grado di rivelare la percentuale di incremento di prestazioni ottenibile. Una cosa invece per il momento impossibile con gli pneumatici dove l’unico e l’ultimo test credibile è quello del pilota. Con dieci moto in pista la Michelin è la casa più impegnata (e più vittoriosa) della MotoGP ed ha già mandato diversi segnali alle sue squadre di non essere più in grado di assicurare tutto a tutti. Da qui deriva la necessità di contingentare quelle che, eventualmente, possono rivelarsi in un week end di gara come le gomme migliori. La Bridgestone, con sei moto schierate, ha attualmente ancora più
problemi della Michelin. Fra i due colossi la Dunlop recita un po’ il ruolo del vaso di coccio, ma la storica casa inglese non vuole mollare. Per questo motivo, con una sorta di gentlemen’s agreement, gli è arrivata una Yamaha, quella del team Tech 3 e potrebbe restare con lei il team D’Antin, oltre alla WCM, troppo poco competitiva per fare una vera sperimentazione. Mina vagante è poi la squadra di Kenny Roberts, tornata recentemente alla Michelin come cliente pagante. Per essere onesti bisogna aggiungere che la Michelin aveva proposto un regolamento severo sui test-team, rifiutato dalla Bridgestone. Questo avrebbe permesso di ridurre i costi di sperimentazione ed avvantaggiato le squadre ma, ancora una volta, la Dorna e la FIM sono state a guardare, incapaci di legiferare. Non è una novità, del resto. Anzi, si può dire che nella visione di Carmelo Ezpeleta, boss della Dorna, la MotoGP sia il campionato delle Case, non dei team privati. Da questo errore iniziale derivano tutti i problemi, visto che i giapponesi lasciano (apparentemente) le redini del comando alla Dorna, prendendo però poi di fatto tutte le decisioni importanti da sole. Un errore, lo ripetiamo, che è già stato commesso nella Superbike, con le conseguenze che conosciamo, poi neutralizzate da un colpo d’imperio di Maurizio e Paolo Flamini. Questa illustrazione dei fatti spiega perché, fra Camel e Kawasaki,
ora, oltre a tutto il resto, c’è da dipanare anche il problema
delle gomme. Sembra un nulla, ma a volte basta un granello di polvere
per far inceppare un meccanismo.
(30/11/2005)
|
Sito web realizzato da After S.r.l.