PAPERON
ROSSI E GLI SPONSOR D'ORO, ANZI ... DORATI
Primo in pista, nono sportivo al mondo per fatturato. Persino la
rivista Forbes s’è accorta di Valentino Rossi, inserendolo
tra i super Vip del globo. Nella casella numero 63 della speciale classifica
generale “Celebrity 100” compilata dalla prestigiosa patinata
a stelle e strisce. Un attimo prima che la MotoGp sbarcasse in quel di
Laguna Seca.

Guarda caso. E così il re folletto potrà
planare negli States vestendo i panni di acclamato Paperone del motomondo,
attirando maggiori attenzioni. Per Forbes “Paperon Rossi”
incassa l’equivalente di 22,9 milioni di Euro all’anno: due
ruote in meno rispetto al ferrarista Michael Schumacher, praticamente
dimezzati anche i guadagni. Rossi è un fenomeno, da fenomeno vince
e incrementa i fatturati delle aziende che lo supportano. Anche se gli
esordi furono modesti. Più da gruppo Tnt che da magnate disneyano
della finanza.
Il primo vero contratto glielo offrì il manager
Carlo Pernat. Sessanta milioni di Lire. Correva l’anno ‘97,
lui correva nella 125 con l’Aprilia. E vinse il primo titolo mondiale.
A quei tempi Graziano gli era, al tempo stesso, babbo e manager.
A Valentino piaceva più come babbo. Anche se con la sua gestione
artigianale papà Rossi, maestro elementare e onesto lavoratore
del manubrio nella seconda metà degli anni ‘70, gli procurò
i primi contratti. Battendo Pesaro e i dintorni, lo rese testimonial di
un bastoncino di pollo prodotto dalla Fileni Simar Srl, azienda di Jesi,
quarto produttore nazionale di cibi pronti.
Per un compenso di poco superiore ai cento milioni di Lire, Valentino
sorrideva dai poster pubblicitari e dai volantini dei supermercati stringendo
nel guanto destro uno stecco di pollo impanato.
La campagna scatenò qualche polemica. Perché
la tuta di Valentino era stata rigorosamente “ripulita” dai
marchi Aprilia, Ip e Peroni, cosa che non piacque molto alle tre aziende.
La Italiana Petroli minacciò addirittura la sospensione del contratto.
Sempre il distratto Graziano incollò sulla carena della moto del
figliolo prodigio l’adesivo della Fox Petroli Spa, grossista di
carburanti di Pesaro.
Un altro sponsor per cui il babbo dovette appianare nel tempo altre piccole
grane di incompatibilità: con la stessa IP, supporter da sempre
di Aprilia, e poi con la Repsol, colosso iberico-argentino, munifico partner
di Honda Hrc. Ma i due Golia non se la presero col Davide. Graziano emise
fattura, Valentino intascò anche dalla Fox la sua “paghetta”.
Per diverse stagioni. Lo stesso sito internet della Fox Petroli si vanta,
ancor oggi, del pluriennale rapporto col fenomeno di Tavullia e dei numerosi
titoli mondiali vinti insieme.
Per arrivare ai miliardi Valentino cambiò gestione.
Da papà Graziano a “Gibo” Badioli, da Tavullia a Londra
la residenza fiscale. Ex-piazzista di sedie per bar della Riviera, Badioli
affidò la gestione dell’immagine di Rossi alla britannica
Hickside, dinamica azienda, giro d’affari anche in quel di Panama.
Qualche anno più tardi ha rilevato la “Great White London
management”, quattro soci, tanto business.
Ufficio in Sackville Street numero 32, nel cuore della City. Da lì
partono contratti e si rifiutano offerte. Sempre più cospicue.
Come quella della Playstation2, che ha poi ripiegato sul meno esoso Max
Biaggi. Anche se la gestione Badioli non fu esente da contratti in tono
minore e da qualche clamorosa svista. Pur avendo definito Graziano “imbarazzante”
per la sua artigianale gestione del marketing, il canuto gestore degli
incassi di Rossi fece sponsorizzare al fanciullo un piccolo panettone
natalizio.
Contenuto in un casco di plastica dozzinale. Sfiorò
il tragicomico anche il rapporto con la Cepu. Perché il ragazzo,
come l’altro testimonial Alex Del Piero, gli studi li aveva lasciati
ben presto.
Al secondo anno del Liceo linguistico. Troppo poco per promuovere corsi
di recupero universitari. Altra perla la proposta di “Mercatone”.
Si dice che un imbarazzatissimo Carlo Fiorani, manager di Honda Hrc, rinunciò
addirittura a sottoporre la convivenza in carenatura alla multinazionale
Repsol. Nel tempo alcuni sponsor storici si sono persi per strada.
E’ il caso della Polini, che ora titola alcune prove del mondiale
ma non riesce neppure più a parlare con Rossi. “Meglio non
inflazionare il mercato”, parola di Gibo. Tanto più che nel
salvadanaio di Valentino già finiscono regolarmente un ingaggio
di 10.000.000 € a stagione. Nove li sborsa Altadis, colosso franco-iberico
del tabacco, uno la Yamaha.
Nel contratto, diviso per singola gara, ci sono premi extra:
una vittoria vale 250.000 Euro, un titolo mondiale mezzo milione tondo
in più. Con Schumi Valentino divide lo sponsor Kera Koll, ditta
di collanti di Sassuolo, sempre più interessata al folletto e meno
al ferrarista. Sborsa ancora di più la Peroni, col marchio Nastro
Azzurro.
A ruota la insegue, come negli spot televisivi, Alice di Telecom Italia.
Due gli sponsor tecnici, la Agv caschi e le tute Dainese. Il resto proviene
dal merchandise, affidato, dopo una serie di gestioni ruspanti da fan
club, alla specializzata Precisport, di Andorra.
Da lì partono berretti e magliette gialle col 46 spalmate per il
globo. Come i successi di Paperon Valentino.
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