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DOVE
SI PARLA DI MAX BIAGGI, DI UN SUO RITIRO STROMBAZZATO SUL WEB CHE NON
È MAI AVVENUTO E DELLA DIFFERENZA FRA QUESTO E L’ELIMINAZIONE:
BLADE RUNNER INSEGNA
Ci abbiamo giocato sopra, su questa bellissima frase, perché, sinceramente, abbiamo ravvisato delle somiglianze fra la lotta di Max Biaggi e quella di Roy Batty, splendidamente interpretato dall’attore Rutger Hauer. Entrambi, infatti, dopo esser stati progettati per assolvere ad un compito – la difesa delle colonie extramondo per Roy, il lancio del motociclismo moderno per Max – si trovano a doversi difendere per aver salva la vita da gente che non considera la loro eliminazione un crimine ma, appunto, solo un “ritiro”. Nessuno, né la Tyrrell Corporation nel film di Scott, né la Dorna nella realtà attuale, sembrano voler prendere in considerazione i meriti acquisiti dal Replicante. Né vogliono considerare che la sua reazione, la sua scomodità, sono indissolubilmente legati al fatto di essere stato progettato come una razza guerriera, sprezzante della normalità. Max come Roy, dunque. Un pilota difficile perché diverso. Lo ha detto, al MotorShow, anche Marco Melandri: “Nel motomondiale un personaggio alternativo come Biaggi deve restare”. Opinione alla quale il romano ha risposto con una frase incredibile “Non solo uno isolato, sono uno scomodo”, che avrebbe meritato, per la sua intensità, un primo piano ed il ciak. OK, va bene la prima. Il Mondo, purtroppo, però, è un ambiente scomodo per i diversi. Hanno, questi, diritto di cittadinanza soltanto finché utili ad un determinato scopo. Nel caso di Max questo è stato traghettare il motociclismo verso la definitiva era moderna. Biaggi, infatti, è stato – dopo i primissimi, fulgidi, esempi di Agostini e Barry Sheene – il primo pilota assolutamente moderno della sua generazione. Piaccia o no è finito sotto la luce dei riflettori prima di Valentino Rossi. Vincendo, e sapendo essere personaggio al fianco di Naomi Campbell od Anna Falchi, piuttosto che alla guida di una Ferrari di F.1. L’errore, che la Dorna sta facendo oggi piegandosi pedissequamente alla volontà dei giapponesi, è lo stesso che fece la FIM quando pensò di poter fare a meno di Ago, o di Sheene. E vale la pena ricordare ai corti di memoria che nemmeno la simpatia evitò a Barry l’ostracismo della Yamaha, da lui ampiamente criticata per aver delegato lo sviluppo a Kenny Roberts, “un pilota che non distingue le corna di un bue da un manubrio”, per usare una frase pungente del londinese. Chi, oggi, parla con troppa semplicità, con noncuranza, di ritiro
– purtroppo troppi siti web si sono rimpallati lo “scoop”
– ci fa rimpiangere i tempi in cui a dare le notizie era solo la
carta stampata, la radio o la TV, non sempre garanzia assoluta di professionalità,
ma insomma pur sempre meglio del far west informatico di oggi. Già perché Max Biaggi, come Roy Batty, non ha alcuna intenzione di ritirarsi. Lo vogliono ritirare. E ciò è indubbiamente, incontrovertibilmente, assolutamente diverso.
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