assetto - 19/10/2001
I segreti dell'assetto a Motegi
Il circuito di Motegi è uno di quei tracciati che, proprio perché
disegnati al computer, sembrano mancare di personalità. Il suo
disegno è stato definito dai piloti tipicamente "stop and
go", cioè una successione di curve a raggio costante unite
fra di loro da tratti rettilinei. Un circuito, dunque, di brusche frenate
ed altrettanto brusche accelerazioni. Ma è vero tutto ciò?
La risposta è: solo in parte.
A differenza, infatti, di autodromi similari Motegi ha un grosso vantaggio,
tipico della quasi totalità dei circuiti giapponesi: un asfalto
liscio come un biliardo e con un ottimo coefficiente di aderenza. Ma
c'è dell'altro: a Motegi, infatti, la potenza non è tutto,
anzi, specie all'uscita delle curve lente, una cavalleria troppo esuberante
può provocare impennate od alleggerimenti dell'avantreno con
conseguente sottosterzo. Un fenomeno che inficia grandemente la precisione
di guida, allargando le traiettorie.
Come deve essere dunque assettata una moto per dare il massimo, su questo
tracciato?
I punti che i tecnici devono tenere bene in chiaro sono i bruschi trasferimenti
di carico, dall'avantreno al retrotreno, e viceversa, conseguenza diretta
delle forti accelerazioni e delle frenate, molte delle quali arrivano
dopo tratti in discesa.
Se si eccettua quest'ultima particolarità di potrebbe dire che
l'assetto di base per Motegi è simile a quello adottato a Le
Mans, con la grande differenza data dal tipo di asfalto.
I primi interventi, dunque, sono quelli classici: moto leggermente più
bassa dietro e più alta davanti, per guadagnare in stabilità
in frenata. La mossa successiva è irridire la forcella, con molle
dal carico adeguato, senza la necessità però (tipica di
Le Mans) di trovare il giusto freno idraulico con il bilancino per consentire
alla forcella di digerire lo sconnesso asfalto francese.
Per ottimizzare il comparto sospensioni Motegi richiede un ammortizzatore
posteriore con una molla abbastanza soffice, ma con un deciso freno
idraulico per evitare che la moto si "sieda" in accelerazione,
tenda ad allargare la curva (sottosterzo) e, in estrema evenienza, si
impenni. Particolare cura deve essere posta della ricerca del giusto
compromesso per la sospensione posteriore per evitare poi fenomeni di
"pompaggio", frequenti in circuiti dove c'è un continuo
susseguirsi di accelerazioni e frenate.
In alcuni casi, poi, a Motegi si può utilizzare un forcellone
posteriore leggermente più lungo, al fine di evitare le impennate
e migliorare la stabilità in frenata, sempre considerando il
fatto che per il pilota è fondamentale disporre di una buona
maneggevolezza.
Dal punto di vista motoristico Motegi necessita di un propulsore consistente
ai medi regimi e con buone capacità di esprimersi in fuorigiri
senza perdite di potenza. La curva di coppia, poi, deve essere il più
possibile costante, per non enfatizzare ed ampliare la notoria scarsa
trattabilità dei motori a due tempi. Da notare che l'anno passato,
proprio per le peculiari caratteristiche di questo tracciato la Michelin
portò a Motegi le sue gomme "bimescola", più
soffici sulle spalle e più dure al centro.
"Uno dei problemi che incontreremo nuovamente in Giappone sarà
l'imprevedibilità del tempo - spiega Jacques Morelli, responsabile
tecnico della Michelin sui campi di gare - nel '99 si è corso
in condizioni estremamente variabili di bagnato, l'anno scorso, invece,
si è gareggiato sull'asciutto, ma mentre le prove sono state
effettuate con 38 gradi di temperatura, si è corso con appena
22°".
La scorsa stagione la gara è stata vinta da Kenny Roberts che
ha utilizzato le slick posteriori da 16,5 pollici, mentre Rossi e Biaggi,
rispettivamente secondo e terzo, gareggiarono con le 17", mentre
Checa finì al quarto posto con le 16,5". Quest'anno anche
se le panciute 16.5" si sono evolute, tanto da confinare i problemi
di chattering al minimo, non è detto che la scelta del diametro
sia scontata.