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I Roberts e gli altri: una grande famiglia I 6 Campioni del mondo
Arrivò in Europa nel 1983, voluto da Roberts e
pagò, emotivamente, di non essere stato in grado di aiutarlo
a vincere il quarto mondiale, nel 1983, contro Spencer. Si piazzò
3° assoluto all'esordio. Riservato, ombroso, grande stilista, quanto
e più del suo maestro, Eddie si meritò l'appellativo di
"Steady" (sempre in piedi), anche se preferiva (modestamente)
essere chiamato "Awesome Lawson", qualcosa come Lawson il
meraviglioso.
Quando è arrivato in Europa avrebbe voluto vincere
dappertutto: 250, 500 ed il campionato FIM di allora con le strapotenti
750 2T: troppo anche per lui. Si contentò di dominare la mezzo
litro insegnando nai rivali a mettere il ginocchio in terra. Di lui
Sheene diceva che non era un gran collaudatore, ma la Yamaha di allora
non era una gran moto, bisognava guidarla con il fegato. Incredibilmente
Kenny riusciva ad essere aggressivo rimanendo un grande stilista.
Con I migliori in pista era spesso il migliore, indipendentemente dalla qualità della moto utilizzata al momento. Guidava, col cuore, una Yamaha alla quale imponeva un assetto rigidissimo, che probabilmente ne mascherava i difetti. Gli anni '90 sono stati suoi ed i titoli, senza l'incidente di Misano del '93, che lo lasciò paralizzato dal petto in giù, sarebbero stati 4.
Lo chiamavano "Fast" Freddie ed avevano ragione. E' stato il più veloce in assoluto degli americani. All'epoca in cui le termocoperte non esistevano, nel primo giro di gara guidava come se avesse avuto le slick già in temperatura. Fulmineo nei cambi di direzione, funambolico, "strizzava" i motori come nessun altro pilota dei suoi tempi. Caratterialmente era pacato, riservato, al limite della fragilità. Iperprofessionale, ma indecifrabile, a volte. Ad onor del merito ai suoi due titoli in 500 va aggiunto quello in 250, ottenuto nel 1985, l'anno della "doppietta". Lo ha fermato il fisico (la famosa tendinite), o la mente, o più probabilmente le due cose assieme. Se fosse durato vincerebbe ancora oggi.
Dire che Schwantz non aveva paura è usare un eufemismo: semplicemente non sapeva cosa significasse, o forse confondeva questo sentimento con il divertimento puro, la follia della guida. Ha vinto un solo titolo perché non riusciva a rinunciare al sorpasso, alla bravata, alla guida fuori dai limiti e dagli schemi. Un re che avrebbe potuto rimanere senza corona. Un tipo divertente. Unico. Quando si è ritirato, e lo ha detto, ha pianto. In sala stampa non era in solo.
Il figlio del capo ha iniziato la carriera facendo la figura del raccomandato, sia in 250 che in 500, con la Yamaha, ma le qualità le aveva (e le ha). La sua guida è pulita, ma non quanto quella del padre, ma con una buona moto, od anche con una moto sufficientemente a punto, Junior è un osso duro. Ha imparato da Lawson l'arte di accontentarsi, ma di Eddie gli manca il carattere. Per essere sinceri, anche la moto. Incredibilmente paga l'essere americano. Ha poco mercato, ma la gente dimentica che quand'era junior di fatto, e non solo di nome, nel cortile di casa batteva i vecchi eroi. |
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