l'intervista 23/10/2006
La confessione di Pedrosa: “Puntavo
a fare 50 punti”
Il suo carattere competitivo non ha mai cozzato con il suo spirito
sportivo e la sua naturalezza, ma ora, nonostante tre titoli mondiale
e 25 vittorie in Gran Premio e nonostante corra per uno dei team più
di successo della storia del motociclismo, Dani Pedrosa sta sperimentando
una pressione non facile da sopportare. A più di una settimana
dall’incidente, comunque, lo spagnolo è ora abbastanza calmo
da parlare francamente.
Come ti sei sentito lunedì mattina?
“Ho pensato che fosse stato un colpo duro, specie per Nicky, ma
anche per me, per la Honda e per la Repsol, per i meccanici e per tutti
i nostri fan che ci hanno seguito nel corso della stagione. Sono molto
dispiaciuto per quanto accaduto all’Estoril. So che non c’è
modo di cambiarlo, ora, ma il mio compagno di squadra, Hayden, ha ancora
buone possibilità di conquistare il titolo. Il team Repsol-Honda
è una squadra e lo dimostreremo a Valencia. Farò tutto ciò
che posso per aiutarlo. Abbiamo una grande sfida che ci aspetta, ma possiamo
affrontarla”.
Nicky si è comportato da gentleman a Valencia.
Tu come ti saresti comportato al suo posto?
“Ci ho pensato a lungo. Nicky non ha voluto iniziare alcuna polemica
attraverso la stampa e nonostante fosse molto arrabbiato è riuscito
a calmarsi ed ha agito da grande professionista. Nicky ci ha dato una
lezione di professionismo. Ha accettato le mie scuse quando sono andato
nel suo motor-home e non ha approfittato della stampa, che ovviamente
gli ha fatto domande per ottenere un titolo da copertina. Nicky non ha
detto una sola parola negativa su di me e per essere sincero sino alla
fine…io avrei capito se l’avesse fatto. Ne aveva il diritto”.
Parliamo sinceramente dell’incidente.
“Ho fatto una buona partenza, ho passato Nicky e mi sono messo dietro
a Rossi che spingeva forte. Sapevo che non sarebbe riuscito a scappare
ed anche che Edwards era con noi ed avrebbe provato ad aiutarlo, rallentandoci.
Colin mi ha passato, quasi portandomi fuori traiettoria, tanto che mi
sono spaventato. Subito dopo mi è accaduta la stessa cosa con Nicky,
così ho deciso di non impegnarmi in un duello così presto
e di rimanere in quarta posizione, aspettando. La gara era ancora tutta
da correre e non era il momento di impegnarsi in duelli assurdi. Valentino
non andava via ed il quarto posto era OK. Il mio piano era di controllare
Rossi e di attaccare verso la fine”.
Dunque pensavi di poter vincere?
“Sì. Avevo parlato con Alberto Puig delle rimanenti possibilità
che avevo ed il nostro obiettivo era quello di prendere 50 punti nelle
ultime due gare. La Honda ci aveva lasciato liberi di decidere e matematicamente
io ero ancora in corsa per il titolo. Nicky sarebbe potuto cadere in una
delle gare e la Yamaha aveva già mostrato nel corso della stagione
di avere un motore fragile. Così il nostro piano era di fare 50
punti, considerando che io mi sentivo molto competitivo sia all’Estoril
che a Valencia, e guardare cosa avrebbero fatto Rossi e Hayden. Sono un
pilota competitivo ed ovviamente voglio vincere, ma tutti quelli che mi
conoscono sanno anche che non sono di quelli che fanno turbate. Non ho
mai buttato giù nessuno in sei anni e nemmeno nei miei peggiori
sogni avrei mai immaginato che ciò che è avvenuto in Portogallo
potesse accadere a me. Voglio vincere, ma senza alcuna ostruzione al mio
compagno di squadra. Nicky ha lavorato duramente quest’anno, è
stato molto regolare ed aveva una grossa possibilità di farcela.
Anch’io però corro per vincere e poiché la Honda non
mi ha detto nulla di diverso, dovevo provarci”.
Hai detto che la quarta posizione era il posto
giusto per provarci…
“Sì, quello era il mio piano, controllare la situazione,
osservare e giocare le mie carte alla fine. Ma improvvisamente, alla curva
6, una sinistra dopo il secondo rettilineo più lungo del circuito,
sono arrivato troppo veloce al punto di frenata e la mia ruota posteriore
si è alzata per un attimo quando ho frenato. E’ stata questione
di secondi, ho capito quello che stava accadendo, così sono andato
all’interno per avere abbastanza spazio per frenare ed è
stato allora che ho perso aderenza all’anteriore…ho pregato
Dio di essere il solo a cadere…è stato un istante, decimi
di secondo, ma ricordo perfettamente bene il mio compagno sull’asfalto
e la sua disperazione”.
Che direbbe una psicologo? (la nostra
opinione)
La confessione di Pedrosa, infatti, rivela ciò che era stato
chiaro fin dall’inizio della gara: Dani puntava alla vittoria, ma
non solo, aveva un SUO piano per provare a vincere il mondiale. Conquistare
50 punti nelle ultime due gare ed aspettare gli avvenimenti: la possibile
rottura del motore della Yamaha di Rossi ed una scivolata di Hayden.
Solo la mente di Alberto Puig, in quella delicata fase del mondiale, può
aver concepito una simile assurdità. Tant’è che Pedrosa
nell’intervista ha confessato di averne parlato proprio con il suo
manager. Va bene provarci sempre, ma nel caso di Dani l’obiettivo
era chiaramente sproporzionato rispetto ai rischi e, soprattutto, non
teneva in alcun conto le esigenze della squadra. Anche nel caso di una
scivolata di Nicky, questi infatti sarebbe rimasto davanti a lui nel campionato.
Ma ovviamente questo a Puig non interessava, come non gli interessava
in alcun modo la possibile vittoria nel mondiale di Hayden…anzi.
E’ proprio partendo da questa confessione di Pedrosa che la Honda
deve iniziare a riflettere. Avere una persona con questa filosofia nel
team HRC non solo non è utile: è dannoso.
|