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il fatto - 22/11/2001
John Hopkins, il ritorno degli americani
Non è una notizia che si può definire inattesa: John Hopkins, diciotto anni, è il nuovo compagno di squadra di Garry McCoy nel team Red Bull Yamaha. Lo ha deciso Peter Clifford che, dopo aver (ri)scoperto McCoy in Australia, dove si era rifugiato a riparare serrande, ha deciso di lanciare i dadi anche con questo ragazzo, che in America definiscono il nuovo Kevin Schwantz. Clifford, un ex giornalista, dimostra così di essere l'unico ed il solo team manager sulla piazza di avere il coraggio di percorrere strade nuove. Con l'entusiasmo, ma anche la durezza, che deve caratterizzare gli amanti del motociclismo. Quando Crafar non andava più, fu lui a dirglielo, senza trascinare il rapporto.
"Il fatto è che devo trovare il nuovo Valentino Rossi - spiega Peter Clifford - non ha senso cercare di battere piloti come lui, o come Biaggi, con quello che offre il mercato. Il risultato è solo quello di sprecare denaro in ingaggi di piloti che, semplicemente, non hanno lo stesso talento. L'unica strada, così, è cercare di trovare un nuovo campione, ed è ciò che stò facendo. La ricerca, ovviamente, non si ferma qui. Probabilmente la mia squadra lascerà la Michelin per la Dunlop. Una scelta dipesa dal fatto che Garry ha bisogno di un gommista che sviluppi pneumatici per il suo stile di guida".

John Hopkins era destinato a correre in moto da quando, a tre anni, da poco senza pannolino, si trovò a cavallo di una moto da fuoristrada con suo padre.
Con tre sorelle più grandi di lui John era l'unico maschio della famiglia Hopkins, così seguì le orme paterne, si appassionò alle due ruote e, poiché il padre correva in moto, non trovò alcun ostacolo a fare la medesima cosa.

"Mio padre ha corso anche nello Junior TT, all'Isola di Man - racconta John, che a 18 anni e quattro mesi si appresta a debuttare nel motomondiale - e da quando ricordo anch'io sono sempre stato attorno alle motociclette. A quattro anni corsi la mia prima gara, su una PeeWee 50. Avevo visto bambini della mia età farlo e mi era venuta la voglia"

A nove anni Hopkins mise, finalmente, le ruote su di una pista, su una YZR 50. Erano gli anni in cui si battevano Kevin Schwantz e Wayne Rainey.

"Come cominciai a correre in pista inizia anche a seguire le gare. Non il campionato AMA, che non mi interessava, ma la 500. I miei eroi erano Kevin e Wayne poi, più tardi, rimasi impressionato da Mick Doohan. In quel periodo, però, non avevo veramente deciso se gareggiare nella velocità o nel motocross. Mi attiravano ambedue le specialità…finché non incontrai un giornalista, proprietario anche di un team, John Ulrich. Ben presto mi ritrovai a correre contro suo figlio, nella gare club in 125 e 250 e l'amicizia nata fra noi fece il resto. Il problema, come sempre, era il denaro: non ne avevo abbastanza, così ad un certo punto fui quasi tentato di tornare al cross, ma Ulrick mi venne incontro, organizzandomi un test su di una 600 Supersport".
Da quel momento le cose iniziarono ad evolversi rapidamente: Hopkins vinse il Challenge Aprilia conquistando tre vittorie, quindi passò al team EMGO alla guida delle GSXR600 e GSXR750. A 16 anni finì al decimo posto nella 600 Supersport e 5° in una gara di 750 a Loudon nel New Hampshire.

Nel 2000 andò ancora meglio: John vinse tre gare e finì sei volte sul podio, vincendo il campionato AMA Supersport 750, conquistando anche la Formula USA Unlimited Superbike Championship
con sette vittorie su dodici gare.

Il dominio di John è continuato, poi, nel 2001 con la difesa del titolo della 750 e con la conquista del campionato USA Formula Xtreme .

Quello che l'ha portato al mondiale, però, è stata l'amicizia fra John Ulrich e Peter Clifford, direttore del team Red Bull Yamaha. Entrambi ex giornalisti.

"John Ulrich è l'uomo che può vantarsi di aver scoperto Kevin Schwantz - ricorda Clifford - tanto che lo raccomandò a Yoshimura. Ci conosciamo bene, così quando mi ha raccontato di aver trovato un altro Schwantz lo sono stato a sentire. Il nuovo Kevin, naturalmente, è John Hopkins".

Hopkins, comunque, non è stato ingaggiato a scatola chiusa: durante un anno (da metà 2000 a metà 2001) e, più recentemente a settembre scorso all'Estoril, Hopkins ha potuto guidare la Yamaha YZR 500.

"E' stato un grosso balzo in avanti pilotarla - ammette John Hopkins - ma l'ho trovata più facilmente controllabile delle 750 quattro tempi alle quali ero abituato, forse perché avevo comunque una esperienza di motori a due tempi. Ora il mio obiettivo è di imparare le piste e rubare quanto più possibile esperienza agli altri piloti. Sono contentissimo, il mio unico rimpianto è di dover abbandonare gli studi, ma possono aspettare. Anche la mia famiglia è contenta, mi hanno sempre dato il 110% del loro supporto. Mamma a volte si preoccupa un po' quando corro, mentre papà, con la sua esperienza, mi è di grande aiuto".

John Hopkins, che ha sempre vissuto nell'area di Los Angeles, ora vive a Ramona, vicino San Diego. Nel tempo libero ama fare surf, downhill con la mountain bike ed ovviamente motocross.

"A scuola ho provato i giochi di squadra, come calcio e baseball, ma non mi piace dipendere da altra gente. La mia passione sono le attività individuali nelle quali conta il coraggio, la concentrazione ed un certo amore per il rischio, in una parola: il motociclismo".

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