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17/02/2002
Criville getta la spugna: "ma non è un ritiro"
Wayne Gardner quando disse addio al motomondiale pianse, a Donington e lo stesso fece Kevin Schwantz ad Imola, quando fu costretto a fermarsi per il suo polso martoriato, ma Alex Criville, due titoli iridati, in 125 nel 1989 (con cinque vittorie) ed in 500 dieci anni dopo (con quindici successi), è uscito di scena parlando in una conferenza stampa con l'usuale tono di voce bassa, del ragazzo tranquillo.
Pilota Honda per undici stagioni, per il suo ritiro Criville indossava i colori team spagnolo di D'Antin, una squadra Yamaha, appoggiata dal suo ricchissimo sponsor di sempre, la Repsol. A far dire basta ad Alex è stata una malattia il cui nome non è mai stato pronunciato nel corso della conferenza: epilessia.
Si sapeva da tempo, nell'ambiente, che "Crivi" non stava bene: Il primo attacco Alex lo ebbe il 15 settembre '99, mentre si allenava in palestra. Il 23 febbraio 2000 svenne durante dei test a Phillip Island, in Australia e quando una serie di disturbi sui cui non è stato preciso gli sono piombati addosso alla mattina del primo giorno di test, a Valencia, non è salito in sella alla sua YZR ed ha informato Luis D'Antin della sua volontà di smettere.
"Non voglio dire la frase: mi ritiro - ha spiegato Alex - userò il termine "pausa" Quel che è certo è che non sto bene e devo curarmi".
Al suo fianco c'era un medico traumatologo, Angel Villamor, che ha spiegato che gli esami non hanno mostrato niente di particolare, per cui Criville andrà in Canada per un consulto con il miglior specialista mondiale di questo tipo di malattie.

"Il mio obiettivo è tornare a gareggiare - ha proseguito l'ex iridato - non sono pronto al ritiro.
Correre in moto è la mia vita e mi incanta".
Nessuna delle cadute di cui è stato vittima negli ultimi tempi, ha voluto spiegare Criville, è stata dovuta ad una crisi.
Una precisazione dovuta, ma che lascia il tempo che trova perché se veramente Alex fosse convinto di non correre alcun rischio, od anche di non farne correre ad altri, non avrebbe preso una decisione tanto grave. Allo spagnolo va riconosciuto però il coraggio di non aver deciso di smettere nel momento più difficile e con l'ammissione più dura: quello di non essere più in grado fisicamente di farlo.
Lo stesso accadde, molti anni fa, al nostro splendido mezzofondista siciliano Totò Antibo, anche lui messo K.O. dal "piccolo male".

 

 

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