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L’intervista 30/6/2004
Witteveen: la corsa alla potenza è già finita
Da qualche Gran Premio è tornato di moda parlare di motori a "scoppi ravvicinati" e "twin pulse" perché, dopo il primo scorcio di stagione, qualcuno si è accorto che le scelte fatte a fine 2003 e sviluppate nelle prime corse della stagione attuale non erano poi quelle che, a conti fatti, tutti si aspettavano. Ha iniziato la Suzuki, ora arriva per il G.P. d'Olanda anche un nuovo motore della Ducati. Due propulsori che hanno fatto tornare alla ribalta schemi già noti.

"Gli scoppi ravvicinati - spiega l'ingegner Jan Witteveen, progettista dell' MS Aprilia Racing - costituiscono una soluzione volta ad ottenere un motore dall'erogazione più regolare , dolce e gestibile nella potenza".

Una soluzione adatta a tutti i motori dell'attuale panorama della classe MotoGP?
"Direi che questa soluzione si adatta meglio ai motori che hanno un maggior numero di cilindri. Più cilindri hai, più è facile realizzare un motore a scoppi ravvicinati. Ad esempio tale scelta va benissimo per il motore Honda, che è un cinque cilindri a V, bene anche per i propulsori Suzuki. Yamaha e Ducati, che hanno quattro cilindri pur con diversa architettura, mentre noi dell'Aprilia dovremmo faticare maggiormente per ottenere una buona equilibratura. La difficoltà è essenzialmente questa".

Perché Suzuki e Ducati hanno fatto questa scelta tecnica?
"Devono aver avuto - è il commento di Witteveen - difficoltà nella gestione della potenza, nello scaricare a terra tutti i cavalli di cui dispongono. E' un problema che qualche pilota può avvertire maggiormente, ma penso che ogni pilota preferisca avere un'erogazione della potenza massima più gestibile. Anche la ciclistica, poi, soffre un motore decisamente brusco nell'erogazione. Con un motore più dolce e regolare la ciclistica non va più in crisi".

E' forse proprio il caso della Ducati?
"Non ho dati tecnici per esprimere un parere. Certo hanno sinora avuto alcune difficoltà e se hanno fatto questa scelta non è un caso. Ma bisognerebbe chiedere a loro...".

Il motore più brillante sembra quello della Honda. Per vincere servono necessariamente cinque cilindri?
"Il motore V5 della Ilonda è senza dubbio un progetto azzeccato. Hanno sfruttato bene il nuovo regolamento tecnico e anche contenuto i costi".

Perché?
"Più cilindri hai, meno tecnologia avanzata devi usare. E ciò riduce i costi di realizzazione del motore. Un quattro cilindri deve necessariamente utilizzare più tecnologia, il nostro tre cilindri Aprilia ancora di più. Noi siamo conformati al range di potenza massima che oggi esprime la classe MotoGP, una media che oscilla tra i 220 e i 240 cavalli, siamo allineati con gli altri costruttori ma il nostro motore vanta soluzioni tecniche di assoluto rilievo. Non abbiamo problemi di potenza massima e di prestazioni, ma utilizziamo una tecnologia decisamente più avanzata rispetto ai motori più frazionati della concorrenza".

Un esempio? "
La distribuzione a valvole comandate pneumaticamente: ci consente di lavorare sull'alzata delle valvole e di ottenere un riempimento migliore dei cilindri e un maggior regime di rotazione del motore. Anche la Ducati utilizza un sistema basato proprio sulla distribuzione, con un controllo meccanico detto “desmodromico" che consente loro di ottenere analoghi risultati di riempimento e velocità di rotazione".

Ma tanta potenza serve davvero?
“Come ho detto siamo intorno a 220-240 cv, ma la velocità viene utilizzata tutta solo su pochi rettilinei e per sorpassare".

Il futuro?
"Le Case costruttrici hanno una loro filosofia, quella di non incrementare in futuro la potenza. Siamo tutti d'accordo, anche per motivi di sicurezza. Il prossimo anno la capienza dei serbatoi verrà ridotta dagli attuali 24 litri a 22 e questo farà già calare le potenze per motivi legati alla necessità di consumare meno carburante. Poi dal 2007 abbiamo già deciso di comune accordo una riduzione di cilindrata massima da 990 a 900 cc. E, quindi, le potenze dovrebbero calare ancora. Ma non abbiamo deciso tutto questo solo per la sicurezza: credo che con un motore più facile da guidare i piloti riescano ad esprimersi meglio. Un motore meno potente, ma più fruibile, permette di correggere eventuali errori e consente una maggiore competizione tra i piloti stessi. Alla fine - conclude Witteveen - ad avvantaggiarsene non sarà solo la sicurezza, ma anche lo spettacolo".

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